Data di pubblicazione: 27/09/2011, www.diritto.it
Non può essere disposto l’affidamentocondiviso dei figli nel caso in cui questi sirifiutino categoricamente di avererapporti con i genitori.
di Anna Costagliola
È quanto stabilito dalla Corte di cassazione con la sentenza del 15 settembre 2011, n. 18867, con cui ha respinto il ricorso di una mamma che chiedeva l’affidamento condiviso della figlia minore, affidamento negato dai giudici del merito a causa del rifiuto categorico della bambina di avere qualunque tipo di rapporto con lei.
In particolare, la Corte d’appello aveva rilevato come il netto rifiuto di qualsivoglia rapporto con la madre manifestato dalla figlia, nonché l’incapacità dei genitori di evitare conflitti tra loro rendevano impossibile, in funzione del superiore e prevalente interesse della minore, disporre l’affidamento condiviso o esclusivo alla madre della ragazza, dovendosi piuttosto confermare l’affidamento al padre, sia pure con conferimento ai servizi sociali dell’incarico di tentare il ripristino dei rapporti tra madre e figlia.
I giudici della Cassazione, condividendo sul punto la pronuncia del giudice dell’appello, hanno sottolineato come questa risultasse conforme al dettato normativo di cui agli artt. 155, 155bis e 155sexies del codice civile, confermandosi l’affidamento al padre in luogo dell’affidamento condiviso ai genitori non già per carenze materne, ma ritenendosi che l’affidamento esclusivo o anche alla madre fosse contrario al superiore interesse della figlia, come risultava emergere dalla sua palese opposizione in sede di doverosa audizione. La decisione, pertanto, appariva perfettamente in linea col criterio legale della prevalenza dell’interesse del minore.La pronuncia della Cassazione si pone in linea con il filone interpretativo giurisprudenziale tendente ad attribuire un sempre maggiore peso alle dichiarazioni rese dai figli in sede di audizione nell’ambito dei procedimenti di separazione o divorzio. Negli ultimi tempi, infatti, si è andata sempre più radicando la convinzione di dover mettere in primo piano gli interessi dei minori, giacché non sempre questi si identificano con le pretese egoistiche dei genitori; di qui la necessità che il provvedimento del giudice tenga conto di questi interessi, mirando a fornire al minore un programma di vita che sia quanto più consono alle sue esigenze e rispettoso dei suoi diritti, pur nella modificazione del rapporto coniugale. Nella descritta prospettiva, l’ascolto del minore all’interno dei giudizi di separazione e divorzio, se rimane fondamentale strumento di informazione per meglio comprendere le dinamiche familiari, specie ove vi sia conflitto, tuttavia si impone sempre più come momento fondamentale di affermazione del minore, nel senso che la sua audizione assume rilievo in sé, quale realizzazione di un’esigenza primaria del minore, ovvero quella di far sentire la sua voce, quando abbia sufficiente capacità di discernimento, relativamente alle vicende che lo riguardano, per affermare le sue esigenze in proposito.